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Chatbot customer experience: come fidelizzare i clienti e servirli con empatia

Qual è la relazione tra chatbot e customer experience? In che modo l’assistenza automatizzata può migliorare l’esperienza dei clienti e la retention?

Facciamo un breve passo indietro. Oggi, i brand hanno a che fare con clienti iperconnessi ed esigenti, che hanno un’infinità di canali per entrare in contatto e costruire una relazione con loro. La coda telefonica deve diventare rapidamente un ricordo del passato: il consumatore di oggi vuole risposte rapide, veloci ed efficaci sul canale che preferisce o che ritiene più appropriato per la sua richiesta. Aumentare a dismisura le risorse del contact center per far fronte a queste esigenze potrebbe non essere sostenibile, e per questo la maggior parte delle aziende ha introdotto – o sta introducendo – i chatbot nella customer experience.

Tuttavia, alcune aziende commettono errori in fase di implementazione, ottenendo il risultato diametralmente opposto: un chatbot che non comprende le domande, non ha le risposte adeguate e non passa prontamente la conversazione a un agente rischia di compromettere la customer experience anziché migliorarla e creare fidelizzazione.


Chatbot customer experience: le aspettative corrette

Quindi, come “legare” positivamente chatbot e customer experience? Innanzitutto, avendo le giuste aspettative: i chatbot più evoluti, rigorosamente basati su tecniche di AI, possono migliorare l’esperienza dei clienti e sollevare gli agenti da attività di routine, ma non sono nati per sostituirli in tutto e per tutto. La sinergia tra l’assistenza virtuale e quella umana è fondamentale per una buona CX: se il chatbot non è in grado di rispondere alle domande o determinati indizi fanno presupporre un sentiment negativo, l’unico modo per migliorare l’esperienza è passare la conversazione all’empatia e alla competenza degli agenti.


L’implementazione giusta è quella graduale

Grazie al Machine Learning, i chatbot più evoluti imparano strada facendo. Ciò significa che l’implementazione corretta è senz’altro graduale. Per esempio, un chatbot può essere inizialmente integrato nel customer journey per smistare le richieste sugli operatori più competenti: così facendo, i processi sono più efficienti e, al tempo stesso, l’azienda comprende quali siano le richieste e le esigenze più comuni rispetto alle quali istruire i bot, permettendo loro di gestirle autonomamente in un secondo momento. L’analisi costante delle performance del bot, che emergono da appositi KPI e survey dedicate, è essenziale per calibrare al meglio l’assistenza virtuale e disegnare conversazioni efficaci, per integrarla correttamente nel journey e costruire una relazione virtuosa tra bot e agenti.

L’integrazione del chatbot con i sistemi di backend (CRM, ERP) ha poi un ulteriore impatto positivo sulla chatbot customer experience perché consente loro di rispondere (e agire) meglio e in modo più contestualizzato. Se il percorso di integrazione nel customer journey è corretto e dotato della giusta gradualità, i risultati in termini di soddisfazione del cliente e di saving per l’azienda possono essere notevoli.


I chatbot migliorano: merito della tecnologia

Il fatto che chatbot e customer experience siano sempre più connessi è anche merito della costante evoluzione tecnologica che circonda questo universo: la capacità di capire l’intento della conversazione, ovvero il significato delle richieste a prescindere dalle parole e dalle espressioni usate, è una caratteristica che i migliori chatbot possono garantire al proprio interlocutore. Merito delle evoluzioni in tema di Natural Language Processing (NLP), una delle tecnologie cardine dell’universo dell’Intelligenza Artificiale. A questa si affiancano le citate tecniche di auto-apprendimento (Machine Learning), la sentiment analysis e la tipica proattività dell’AI al fine di ridurre il gap – senz’altro ancora esistente – tra l’assistenza virtuale e quella umana, con prospettive future estremamente rosee.


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