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Perché i chatbot sono i primi alleati degli operatori del tuo contact center

Negli ultimi anni la crescita e il consolidamento del mercato dei chatbot ha ingenerato un misto di attese eccessive, frustrazioni e paure.Come se dagli assistenti virtuali e dall’intelligenza artificiale ci si dovesse aspettare una rivoluzione copernicana che non è mai arrivata. E come se il loro uso dovesse soppiantare del tutto quello degli operatori dei contact center, da cui il timore di una sostituzione globale dei robot a danno dei lavoratori. Quello che, invece, è accaduto è stata l’evoluzione del servizio clienti, con un’integrazione dei chatbot all’interno di contact center in cui la suddivisione dei compiti tra uomo e macchina sta avvenendo soprattutto a beneficio del primo. Ma con ricadute positive sulle aziende che gestiscono direttamente, o tramite il ricorso a un outsourcer, la relazione con i clienti. I quali, alla fine, sono coloro che si avvantaggiano maggiormente di un servizio privo di lunghe attese, sempre disponibile e raggiungibile in ogni istante.

 

I chatbot nei contact center incentivano un lavoro più qualificato

I chatbot, comunque, restano i principali alleati degli operatori del contact center, poiché costringono a spostare l’asse del loro lavoro sulla competenza. L’utilizzo degli assistenti virtuali, infatti, viene incontro all’esigenza di garantire risposte immediate a quesiti elementari che non richiedono la capacità di analisi e l’empatia tipici delle persone. In un comparto spesso caratterizzato da scarsa qualificazione, demandare all’intelligenza artificiale una parte delle mansioni a minor valore aggiunto è la strada maestra per incrementare motivazione e skill specifiche. La prima si ottiene assegnando ruoli di complessità crescente in cui l’interazione dell’addetto deve riuscire a soddisfare una customer experience ogni giorno più esigente; la seconda mediante attività di coaching e sessioni formative focalizzate sulla padronanza degli strumenti del contact management system adoperato, sulla conoscenza dei prodotti e servizi offerti, sulle abilità trasversali in ambito comunicativo. Ciò significa che, sebbene il lavoro a basso costo nei contact center tenderà a scomparire negli anni, non si può dire lo stesso degli investimenti delle aziende che dovranno necessariamente concentrarsi nella scelta di tecnologie innovative unite alla valorizzazione di un personale altamente qualificato. Come, del resto, già oggi avviene in quei settori che stanno sperimentando l’integrazione di intelligenza artificiale e chatbot nei loro modelli di customer care: editoria, retail, food, farmaceutico, finance & insurance, utilities, pubblica amministrazione ecc.

 

La customer experience frutto di assistenti virtuali e operatori

Tutti questi settori stanno puntando ad aumentare l’engagement attraverso una customer experience unica. Ed è per tale ragione che l’armonizzazione tra assistenti virtuali e dipendenti trova in detti ambiti una felice convivenza. All’accorciamento dei periodi d’attesa, dovuto ai chatbot, è abbinata una professionalità maggiore da parte di chi prende in carico le richieste dei clienti. Un dato che viene fuori da diverse indagini che, nello sfatare il mito che vorrebbe il consumatore più a suo agio quando dall’altra parte del contact center si trova una persona in carne e ossa, confermano che lo stesso consumatore ha bisogno dell’uno (chatbot) e dell’altro (operatore), poiché entrambi contribuiscono nell’offrire una customer experience efficace. Infatti, molti studi, fra cui quelli di VentureBeat, dimostrano come la soddisfazione dei clienti sia aumentata in termini di CSAT (Customer Satisfaction) grazie all’ausilio dei chatbot. Il motivo risiede soprattutto nella drastica diminuzione del tempo di prima risposta, che si è ridotto di quasi il 70-90%. Analoghe performance si registrano nel tempo medio di gestione o Average Handling Time (AHT) delle conversazioni, che ha subito un netto ridimensionamento pari al 50% anche quando sono coinvolti gli esseri umani nel dialogo con l’interlocutore. Il perché è facilmente intuibile. Se prima era il medesimo operatore che doveva occuparsi delle fasi iniziali di risoluzione di un problema, adesso il suo contributo interviene in momenti successivi, dopo che il cliente ha già ricevuto da parte del chatbot un primo riscontro, andato a buon fine, riguardo alla sua domanda.

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